Due compagni di classe si incontrano per caso dopo molti anni di fronte al mare, entrambi dopo una sessione di surf tra le onde del Lido di Ostia. Nasce un dialogo su amori passati e tradimenti, sulla vecchiaia, sul mantenimento di un buono stato di salute. Mentre parlano, in secondo piano e fuori fuoco, si intravedono rifiuti di plastica trascinati dalle onde del mare. Col passare del tempo la macchina da presa si sofferma sempre più insistentemente su questi elementi, con riprese in dettaglio inserite come raccordi durante il dialogo. A questo punto il senso del film appare chiaro: una metafora sull’indifferenza e sulla cecità dell’uomo, così ossessionato da sé stesso e dal suo corpo da non vedere i danni che infligge alla Terra.
TIMECODE: 05:25-07:12
I due protagonisti hanno appena finito di scherzare sul deterioramento fisico dei loro ex-compagni di classe: ingrassati, invecchiati, e ritoccati. Dietro di loro, rifiuti di plastica galleggiano e si muovono seguendo il ritmo delle onde. L’atmosfera si fa più cupa nell’istante in cui una musica martellante inizia a emergere dal silenzio. “Guarda, certi spettacoli mi commuovono ancora, guarda che belli”, afferma Gadaleto guardando il mare ricolmo di rifiuti, cieco di fronte alla distruzione di quello spettacolo.
“Eh che gli altri non ci credono più. Siamo rimasti solo noi, noi non possiamo mollare, noi dobbiamo andare avanti a ogni costo”, risponde Ettore, spostando il soggetto dal mare ai propri corpi...
Titolo: Finché c’è acqua c’è speranza
Regia: Massimo Bevacqua
Anno: 2019
Supporti: audiovisivo, digitale colore
Genere: fiction
Durata: 08:30
Soggetto conservatore: Massimo Bevacqua
Complesso archivistico: N/A